Iconografia

Iconografia

Che cos'è l'icona?

L'icona nasce nei primi secoli del cristianesimo per testimoniare lo splendore del Dio fatto uomo e la dignità dell'uomo creato a immagine e somiglianza del suo Creatore: "Il Verbo indescrivibile del Padre si è fatto descrivibile, incarnandosi in te, Madre di Dio; e avendo ristabilito l'immagine infangata nella sua antica dignità, Egli l'ha unita alla bellezza divina. E confessando la salvezza, noi ne facciamo immagini con l'azione e con la parola" (dal Kontakion della Festa dell'Ortodossia). "Se vuoi comprendere ciò che sei, non guardare a quello che sei stato, ma all'immagine che Dio aveva nel crearti". (Evagrio Pontico).


L'icona non è una semplice immagine, ma luogo della Presenza Divina, una rivelazione del Divino. "L'icona disegna l'Assoluto con i colori del relativo".

Lo scopo principale dell'iconografia non era tanto quello di presentare un'opera "bella" ma quello di annunciare, manifestare, esprimere la realtà spirituale dei misteri della fede. Si tratta perciò di un'opera teologica che, in quanto tale, esprime l'invisibile: "ciò che il Vangelo e gli altri testi dicono con la parola, l'iconografo lo annuncia coi colori: ciò che il vangelo ci dice con la parola l'icona lo annunzia con i colori e ce lo rende presente". (Concilio Costantinopolitano IV (869-870), can. 3)

La Divinità è presente tanto nell'immagine della croce quanto in altri oggetti divini, ma non in virtù dell'identità di natura - poiché tali oggetti non sono la carne di Dio - bensì in virtù della loro partecipazione relativa alla Divinità, in quanto partecipano alla grazia e all'onore (Teodoro Studita).

Secondo la Tradizione ortodossa, così come nell'Eucaristia Cristo si dona, nell'icona Cristo si mostra. La differenza è che i Santi Doni sono identici al loro Prototipo (Cristo), mentre l'icona è un riflesso, una somiglianza del Prototipo.

«L'icona è legata al suo prototipo non perché è identica a quel che rappresenta - ciò sarebbe evidentemente assurdo - ma perché rappresenta la sua persona e ne porta il nome. È proprio questo che rende possibile la comunione con la persona rappresentata attraverso la sua immagine, la conoscenza di quella persona. A causa di questo legame "l'onore reso all'immagine va al suo prototipo", come dicono i Padri del Settimo Concilio Ecumenico citando le parole di san Basilio il Grande (De Spiritu Sancto, 18,45).

"L'icona è santificata dal nome di Dio e dai nomi degli amici di Dio, cioè dei santi", spiega san Giovanni Damasceno [Discorsi, II,14], e per questa ragione essa riceve la grazia dello Spirito divino» (L. USPENSKIJ, La Teologia dell'icona. Storia e iconografia, La Casa di Matriona, Milano 1995, 82.85).

Nelle icone la prospettiva è inversa: il punto di fuga non è da cercare entro la rappresentazione in un lontano orizzonte; esso si trova dinanzi all'icona, il punto di fuga è colui che sta dinanzi all'icona. Tutta la rappresentazione iconografica intende rivelare a noi che veneriamo le icone il mistero dell'incarnazione e della nostra salvezza-santificazione. Nella sua incarnazione il Figlio di Dio ricrea, rinnova nell'uomo l'immagine divina infangata dalla caduta di Adamo. «L'icona rappresenta non la carne corruttibile destinata alla decomposizione, ma la carne trasfigurata, illuminata dalla Grazia, la carne del mondo che verrà (1Cor 15,35-49). Essa trasmette con mezzi materiali, visibili agli occhi di carne, la bellezza e la gloria divina. I Padri dicono che l'icona è venerabile e santa, precisamente perché trasmette lo stato deificato del suo prototipo [Gesù Cristo] e ne porta il nome, perché la grazia che appartiene al prototipo vi è presente. In altre parole, la grazia dello Spirito Santo suscita la santità sia della persona raffigurata che della sua icona, ed è in tale grazia che si opera la relazione fra il fedele e il santo, mediante l'icona di quest'ultimo. Per così dire, l'icona partecipa alla santità del suo prototipo e anche noi, per mezzo dell'icona, partecipiamo a questa santità nella nostra preghiera» (L. USPENSKIJ, La Teologia dell'icona, 111).

Da tutto ciò si deduce che l'icona non è un quadro e suo scopo non è essere opera d'arte, ma oggetto liturgico destinato alla preghiera e alla venerazione.

Vi sono due tipologie di icona: le icone liturgiche, destinate ai luoghi di culto (chiese) e le icone domestiche, destinate alla preghiera domestica o personale; vi sono infine le icone da viaggio in legno o anche in metallo sbalzato, di piccole dimensioni per poter essere portate in giro.

In tutti i casi si tratta di un oggetto trasmettitore di Grazia, cioè l'icona è un sacramentale che rende presente ciò che raffigura.

Definizione di icona
"Procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi pa­dri e la tradizione della chiesa cattolica - ri­conosciamo, infatti, che lo Spirito santo abita in essa - noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somi­glianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le vene­rande e sante immagini, sia di­pinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono es­sere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del signore Dio e salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell'immaco­lata signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giu­sti. Infatti, quanto più frequentemente queste im­magini vengono contemplate, tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli origi­nali e a tributare loro, baciandole, rispetto e venerazione. Non si tratta, certo, di una vera adorazione (latria), riservata dalla nostra fede solo alla natura divina, ma di un culto simile a quello che si rende alla immagine della croce preziosa e vivifi­cante, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onoran­doli con l'offerta di incenso e di lumi secondo il pio uso degli anti­chi. L'onore reso al­l'immagine, in realtà, ap­partiene a colui che vi è rappre­sentato e chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è ripro­dotto".
Dagli atti del Concilio di Nicea II - VII Concilio ecumenico


Come si esegue un'icona?

Per eseguire le icone non basta conoscere soltanto una tecnica pittorica e non occorre avere particolari doti di artista. Si tratta di un processo rigoroso che deve essere eseguito secondo modalità precise e ben codificate, attraverso le quali l'iconografo rende gloria a Dio attraverso tutta la Creazione.

Tutta la Creazione infatti viene chiamata a rendere Gloria a Dio e a svelarne l'immagine: la tavola di legno (regno vegetale), la colla di coniglio (regno animale), il gesso (regno minerale) fanno da substrato. La tavola viene scavata al centro, creando una depressione che accoglierà l'immagine e che si chiama "culla", spazio terrestre in cui viene depositata la Presenza celeste. La tavola non ha misure casuali, ma a seconda del soggetto che deve essere raffigurato ha proporzioni precise (4/5, 3/4, 2/3 eccetera).

Poi si sceglie il MODELLO (ogni personaggio sacro ha le sue modalità per essere raffigurato). Il Modello viene concepito secondo i dettami dei Sacri concili perché l'immagine sacra deve raffigurare le realtà celesti come rivelate all'uomo. L'immagine deve seguire tre criteri:

  • Essere fedele alla Scrittura (Rivelazione)
  • Essere fedele alla Tradizione (Concili e Magistero)
  • Essere fedele alla Liturgia.

Non vi è spazio né per la fantasia dell'artista né per le interpretazioni soggettive, tutto deve essere eseguito secondo i criteri di espressione cromatica, formale, prospettica e strutturale codificate.

Peraltro le varie scuole (russa, greca, cretese, balcanica, siriaca, italica) differiscono tra di loro per l'importanza data a determinati aspetti (di prospettiva o di significato dei colori). In tutti i casi la pittura dell'icona è simbolica e mira a velare ciò che è visibile per svelare ciò che è invisibile.

Viene dipinta con tempere all'uovo realizzate con pigmenti naturali derivati dal regno minerale e vegetale, raramente animale (cocciniglia, porpora).

Il processo di esecuzione rispetta alcune regole e tappe che mirano a fare in modo che l'immagine sia scolpita dalla luce e non dalle ombre, risulta una figura luminosa, celestiale...per questo prima si eseguono le masse scure e poi si procede a una serie di schiarimenti che fanno emergere e scolpiscono il soggetto, fino ad arrivare ai "tratti vivi", tratti bianchi che esprimono i punti di massima luce. Poichè le figure sono spiritualizzate, non viene espressa la tridimensionalità e non si ricerca un effetto naturalistico.

Il fondo è di oro zecchino perchè l'oro riflette la luce e rappresenta lo spazio celeste, il "fuori-tempo e fuori-spazio" in cui si colloca l'Eterno.

Quando l'immagine è ultimata, si lascia asciugare per un lungo periodo (variabile in base alla stagione e al tasso di umidità dell'aria) in modo da essere sicuri che tutta l'umidità del colore evapori. Quando è sicuramente asciutta, si procede alla verniciatura protettiva. Anticamente si utilizzava una ricetta a base di olio di lino cotto e altre sostanze essiccanti e questo olio, chiamato olifa, veniva dato sulla tavola con le mani in più strati con una procedura delicata e precisa. Occorreva poi attendere un tempo piuttosto lungo (talvolta varie settimane) perchè l'olifa fosse asciutta e si potesse maneggiare la tavola dipinta. Questa unzione della tavola con le mani richiamava il rito di consacrazione dell'altare e concludeva la preparazione dell'icona. Questa olifa col tempo e col fumo delle candele accese davanti alle icone anneriva, oscurando progressivamente l'immagine che pertanto veniva "rinfrescata" ogni 60-100 anni con una ridipintura sovrapposta.

Al giorno d'oggi possono essere utilizzate varie alternative, dalla gommalacca a vari tipi di vernici che possono essere stese col pennello e asciugano più rapidamente. lo scopo è quello di proteggere il dipinto che essendo realizzato con tempera all'uovo rsulta appetibile per mosche e altri insetti.

L'iconografo deve essere persona spirituale, capace di "sparire" nella mano dello Spirito Santo al punto che l'immagine è come dipinta da Dio stesso mediante la mano del pittore.

Prima di iniziare a dipingere, l'iconografo prega:

"Divino Maestro,

fervido artefice di tutto il Creato,

illumina lo sguardo del tuo servitore,

custodisci il suo cuore

reggi e governa la sua mano

affinchè degnamente e con perfezione

possa rappresentare la Tua santa immagine

per la Gloria, la gioia e la bellezza

della Tua santa Chiesa".

CROCIFISSO DI CIMABUE.

CHIESA DI SAN DOMENICO AD AREZZO

Un servizio televisivo in cui l'iconografa Veronica Cavallo e una clarissa di Paganica presentano l'arte iconografica e spiegano il senso profondo delle icone

https://www.youtube.com/watch?v=FX7GcG644FU&feature=share 

Icone dal Monastero di Santa Caterina, Sinai, Egitto

Si presentano alcune icone del Monastero di Santa Caterina, Sinai, Egitto, realizzate a encausto o a tempera su tavola tra il VI e il XIV secolo

ICONE FATTE DA ME